Di seguito l’articolo a firma di Valentina Pepe e Benedetto Fratello, pubblicato da Diritto24, responsabilità solidale del Committente negli appalti con riferimento ai “trattamenti retributivi” dei dipendenti dell’appaltatore e dei sub-appaltatori e di cui alla più recente giurisprudenza.
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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28517 del 6 novembre 2019, torna a pronunciarsi in materia di responsabilità solidale del Committente negli appalti, ai sensi dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003, questa volta affrontando la questione della delimitazione dell’ambito della responsabilità solidale del Committente in ordine ai “trattamenti retributivi” dei dipendenti dell’appaltatore e dei sub-appaltatori.
La sentenza in commento – seppure inerente ad una fattispecie riconducibile all’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 ante riforma del 2017 (art. 2, comma 1, del d.l. n. 25 del 2017 conv. L. n. 49 del 2017) è di attuale interesse, in quanto circoscrive in maniera peculiare la nozione di “trattamenti retributivi” dei lavoratori dell’appaltatore (e del sub-appaltatore) per cui si prevede la responsabilità solidale del Committente.
In primis, la Suprema Corte afferma che, in tema di responsabilità solidale del Committente, la locuzione “trattamenti retributivi”, contenuta all’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003, vada interpretata in maniera “rigorosa“, limitatamente agli emolumenti di natura “strettamente retributiva” dovuti dal datore di lavoro ai propri dipendenti per un nesso di “corrispettività sinallagmatica con la prestazione lavorativa“.
Al contrario, prosegue la pronuncia in commento, l’applicabilità del regime di responsabilità solidale deve essere esclusa per le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno che – in forza di un collegamento meramente occasionale e non causale con il rapporto di lavoro – devono ritenersi estranee alla nozione di “trattamenti retributivi” (in senso conforme, Cass. 8 agosto 2012, n. 14290; Cass. 8 settembre 2014, n. 18852).
2. Nel caso di specie, la Suprema Corte si è pronunciata statuendo la non riconducibilità entro la nozione di “trattamenti retributivi” ex art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 dei crediti maturati da taluni lavoratori dell’appaltatore “a titolo risarcitorio per illegittima unilaterale riduzione dell’orario lavorativo”, sul presupposto che la variazione unilaterale da parte del datore dell’orario di lavoro del dipendente da tempo pieno a parziale integri “un’alterazione illegittima del trattamento economico pattuito”, atteso che la disponibilità alla chiamata del datore di lavoro, di fatto richiesta al lavoratore, pur non potendo essere equiparata a lavoro effettivo, “comporta una maggiore penosità ed onerosità della prestazione lavorativa per la messa a disposizione delle energie lavorative per un tempo maggiore di quello effettivamente lavorato, con la conseguente difficoltà di programmazione di altre attività” (Cass. 23 gennaio 2009, n. 1721; Cass. 20 marzo 2018, n. 6900).
Tra i precedenti della Suprema Corte che hanno individuato i “trattamenti” soggetti a responsabilità solidale, si segnala – in particolare – Cass. 30 ottobre 2018, n. 27678, secondo cui il regime della responsabilità solidale del Committente ex art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003, va escluso in ordine alla “somme liquidate a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo” del dipendente dell’appaltatore (o del sub-appaltatore).
Di recente, sul punto, si segnala altresì Cass. 18 settembre 2019, n. 23303, secondo cui dalla nozione di “trattamenti retributivi” ex art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, va escluso il “valore dei pasti allorché il servizio mensa rappresenti un’agevolazione di carattere assistenziale”.
La lettura “rigorosa” della locuzione di “trattamenti retributivi” ex art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 importa l’esclusione della responsabilità solidale del Committente anche in ordine ai trattamenti di “natura mista”.
Tra questi, in particolare, “l’indennità sostitutiva di ferie ed ex festività”, che è “sia di carattere risarcitorio” “ma anche retributivo” (Cass. 11 settembre 2013, n. 20836).
In ordine alla delimitazione della nozione di “trattamenti retributivi”, merita poi peculiare menzione la pronuncia della Corte di Cassazione del 19 maggio 2016, n. 10354, per la completezza dell’analisi contenuta nelle motivazioni, afferente “ai buoni pasto e all’indennità sostitutiva delle ferie”.
In ordine al “valore dei pasti” – di cui il lavoratore possa fruire in una mensa aziendale o presso esercizi convenzionati con il datore di lavoro – esso “non costituisce elemento integrativo della retribuzione”, allorché il servizio mensa rappresenti un’agevolazione di carattere assistenziale, anziché un corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, per la mancanza di corrispettività della relativa prestazione rispetto a quella lavorativa e di collegamento causale tra l’utilizzazione della mensa ed il lavoro prestato, sostituendosi ad esso un nesso meramente occasionale con il rapporto.
“Ed analogamente per l’indennità sostitutiva delle ferie non fruite”, cui è in prevalenza attribuita una natura mista, di carattere risarcitorio in quanto volta a compensare il danno derivante dalla perdita di un bene determinato (il riposo, con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali), ma anche retributivo, per la sua connessione al sinallagma contrattuale e la funzione di corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe dovuto essere non lavorato, in quanto destinato al godimento delle ferie annuali; quando non addirittura risarcitoria tout court.
“Discorso diverso – prosegue Cass. 19 maggio 2016, n. 10354 – deve essere fatto per la riduzione mensile orario di lavoro (ROL), che ha invece natura retributiva, per la sua coessenzialità alla prestazione dell’attività lavorativa, nella flessibilità della sua modulazione […] sicché essa rientra a pieno titolo tra i trattamenti retributivi che il committente è tenuto a garantire” (conf. Trib. Milano 6 settembre 2018, n. 2065).
3. Sempre in tema di responsabilità solidale del Committente si segnala, in questa sede, un’altra recente pronuncia della Corte di Cassazione, con sentenza n. 444 del 10 gennaio 2019, le cui statuizioni – seppure afferenti ratione temporis all’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 ante riforma del 2012 – tuttora offrono una valida e puntuale chiave di lettura dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276 del 2003 anche nella versione attuale, in seguito alle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 25 del 2017 conv. L. n. 49 del 2017.
Secondo la detta pronunzia n. 444 della Corte di Cassazione, la ratio che sorregge la previsione dell’art. 29, co. 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 è quella di incentivare un utilizzo “più virtuoso” del contratto di appalto, inducendo il Committente a selezionare “imprenditori affidabili” ed a controllarne successivamente l’operato per tutta la durata del rapporto contrattuale.
Il Committente – infatti – presta una garanzia in favore del datore di lavoro ed a vantaggio del lavoratore adibito all’appalto, adempiendo alla quale assolve ad un’obbligazione propria, istituita ex lege e che inerisce agli oneri previdenziali ed ai “trattamenti retributivi”; questi ultimi – anche secondo Cass. 10 gennaio 2019, n. 444 – da interpretarsi “in senso restrittivo” e, quindi, non ricomprendendo neppure i “trattamenti di natura mista”, tra cui l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, posto che il Committente rimane estraneo alle vicende relative al rapporto tra lavoratore e appaltatore.
In conclusione, l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione delinea l’ambito di operatività della “responsabilità solidale” del Committente in ordine ai “trattamenti retributivi” dei dipendenti dell’appaltatore e del sub-appaltatore; escludendo – da tale ambito della solidarietà – i crediti maturati a titolo risarcitorio.
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