L’avvocato Valentina Pepe fa il punto della situazione per Startupbusiness sui Riders In Italia, spiegando la legge 128/2019 e la differenza di tutele tra riders autonomi e riders co.co.co.
Il recente fenomeno dei riders e, più in generale, dei lavoratori della cosiddetta gig economy, tema di grande attualità a livello internazionale, presenta un panorama normativo in profondo mutamento.
In Italia, i lavoratori delle piattaforme digitali sono stati recentemente oggetto di rilevanti interventi, di fonte normativa e giudiziale, incidenti sulla gestione e regolamentazione dei rapporti di lavoro.
Riders, cosa dice la legge n.128/2019
Sotto il profilo normativo, il decreto legge 101/2019 convertito dalla legge n. 128/2019, andando a modificare il D.lgs. 81/2015, fissa una serie di “tutele minime” a favore di tutti lavoratori della gig economy, impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore (cd. riders). Si tratta di previsioni che entreranno a pieno regime entro il novembre 2020.
Occorre precisare che le disposizioni di cui all’innovato D. Lgs. 81/15 (artt. da 47 bis a octies) attengono alle tutele minime rivolte ai tutti i “riders” che svolgono attività di consegna anche in via esclusivamente “autonoma”, fermo che per tutti quei riders che operano invece come collaboratori coordinati e continuativi ( c.d. Co.co.co), si aggiunge il regime di tutele previsto dall’art. 2 D.Lgs. 81/15, che esamineremo più avanti.
Riders autonomi
Concentrandoci quindi sulle tutele rivolte ai “riders autonomi”, l’attuale disciplina prevede quanto segue.
In primis viene fornita la definizione normativa di “piattaforme digitali” costituite da “i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione”.
Sotto il profilo formale, i contratti individuali di lavoro devono essere provati per iscritto e i lavoratori devono ricevere ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza. In caso di violazione di questi obblighi, il lavoratore ha diritto a un’indennità risarcitoria di entità non superiore ai compensi percepiti nell’ultimo anno, parametrata in base alla gravità, alla durata delle violazioni e al comportamento delle parti.
Con riferimento al compenso si configurano due scenari:
i) Nel caso in cui verranno stipulati, entro il novembre 2020, contratti collettivi tra le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, tali contratti potranno definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente, quindi anche con remunerazione “a cottimo” (in base al numero di consegne).
ii) In difetto della stipula dei contratti collettivi, i lavoratori non potranno essere retribuiti “a cottimo”, ma dovrà essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti.
Ulteriore garanzia riguarda la previsione di un’indennità integrativa non inferiore al 10 per cento, per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, determinata dai contratti collettivi o, in difetto, con decreto ministeriale.
Altro elemento di interesse è, sicuramente, l’introduzione di una disciplina antidiscriminatoria e a tutela della libertà e dignità del lavoratore, con espresso divieto di esclusione dalla piattaforma o di riduzioni delle occasioni di lavoro.
Vengono altresì previste tutele assicurative a favore dei lavoratori, con copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dell’INAIL. Il premio assicurativo sarà fissato determinato ai sensi dell’articolo 41 del DPR n. 1124 del 1965, in base al tasso di rischio corrispondente all’attività svolta.
I datori di lavoro sono poi tenuti, a propria cura e spese, al rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza contenuta nel D.lgs. 81/2008.
Riders Co.co.co.
Esaminato il contenuto delle norme rivolte a tutela dei “riders autonomi”, occorre ora esaminare la disciplina applicabile ai riders che prestano attività sotto forma di collaborazione continuativa e coordinata, con prestazione organizzata dal committente.
Ed infatti per tali lavoratori, oltre alle tutele previste dagli artt. 47 bis-octies del D. Lgs. 81/15, scatterebbero anche le tutele previste dall’art. 2 dello stesso decreto, che espressamente prevede l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. La norma prevede oggi espressamente che tale disciplina si applichi anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme digitali.
Riders, l’orientamento della giurisprudenza
Per comprendere gli effetti concreti della previsione di cui all’art. 2 del D. Lgs. 81/15, occorre esaminare i principi enunciati dalla più recente giurisprudenza in merito all’ambito applicativo ed interpretativo di tale norma.
Indicativo, sul punto, è il c.d. “Contenzioso Foodora” che, dopo essere stato esaminato dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Torino, è stato sottoposto al vaglio della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 2663/2020).
La Corte di Appello di Torino, con la sentenza 26/2019, fornendo una lettura articolata dell’art. 2 del D lgs. 81/15, aveva concluso che al rapporto di lavoro dei riders – seppure dovesse considerarsi tecnicamente non subordinato – dovesse comunque applicarsi la disciplina prevista per i lavoratori subordinati, incluso in particolare il diritto a un compenso fisso determinato in base alle previsioni del CCNL per i dipendenti della logistica e trasporto merci.
Il 24 gennaio scorso, la Corte di Cassazione pronunciandosi definitivamente sul caso ‘Foodora’, ha sostanzialmente confermato le conclusioni cui era giunta la Corte d’appello di Torino.
Tali collaboratori (i riders), precisa la sentenza, hanno diritto ad essere trattati come i lavoratori subordinati, senza necessità che il rapporto si converta in una forma di lavoro dipendente, ogni volta che sussiste l’elemento della c.d. etero-organizzazione.
Precisa sul punto la Corte di Cassazione che non ha valore decisivo interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell’autonomia.
In altre parole, ogni volta che, nel rapporto di collaborazione con il rider, il committente esercita il potere organizzativo nei termini di cui all’art. 2 del D. Lgs. 81/15, ciò – pur non determinando di per sé la riconversione del rapporto in subordinato – comporta il diritto del collaboratore di essere destinatario della disciplina applicata ai lavoratori subordinati che svolgono mansioni assimilabili.
In definitiva, l’attuale disciplina giuslavoristica dei lavoratori della gig economy ha il merito di aver introdotto regole in un settore totalmente nuovo e privo di regolamentazione; è tuttavia assai probabile che nuovi interventi e misure andranno ad integrare il quadro attuale, anche in relazione a quanto sarà fatto dalle parti sociali nell’ambito della contrattazione collettiva.